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LAURA SCHIAROLI - DONNA STRAORDINARIA - Logopedista & More

30/09/2025 | Di: Caroline Aspas

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A TU PER TU CON LAURA SCHIAROLI

Logopedista, operatrice di riabilitazione equestre, co- responsabile del Centro D.I.A.L.O.G.O. e autrice

C’è chi il proprio lavoro lo sceglie, e chi, come Laura, lo riconosce fin da bambina come una vocazione profonda. Questa è la storia di chi ha fatto della parola, del dialogo e dell’ascolto una professione, una cura e un dono per gli altri.

In quest’ intervista ci guida alla scoperta del Centro Dialogo, del progetto Storie in Fattoria e delle tante iniziative che porta avanti con passione.

Come ti sei avvicinata al mondo in cui lavori oggi?

Sono una logopedista ed il mio lavoro è, prima di tutto, una vocazione. Da bambina, dopo aver visto il film “Anna dei miracoli” , ho deciso che quella sarebbe stata la mia strada. Da allora ho orientato ogni scelta di studio e di formazione in quella direzione e, nei miei 25 anni di professione, non ho mai avuto dubbi né rimpianti: rifarei mille volte la stessa scelta.

Se dovessi descrivere in poche parole il cuore di quello che fai, cosa diresti?

Teoricamente mi occupo di valutazione e trattamento dei disturbi e difficoltà di linguaggio, di fluenza, di apprendimento, di attenzione, sia attraverso il lavoro diretto con bambini e ragazzi che attraverso il counseling genitoriale e la formazione ai docenti. In pratica direi che cerco di essere “prossima” a chi incontro: bambini, ragazzi, adulti con difficoltà, ma anche ai loro genitori e insegnanti. Li affianco per un tratto del loro cammino, breve o lungo che sia, mettendo a disposizione me stessa e tutto ciò che ho imparato in questi anni di esperienza e che continuo ad imparare.

CENTRO DIALOGO

Come è nato il Centro Dialogo? È stato un colpo di fulmine o un’idea che hai coltivato piano piano?

Ho scelto da subito la libera professione, ma mi sono resa presto conto che non riuscivo a rispondere a tutte le richieste da sola, né volevo farlo. Per prendersi cura delle persone a 360° serve un’équipe multispecialistica, con cui confrontarsi, collaborare e guardare ai bisogni da prospettive diverse. È nato così Dialogo, una centro di neuropsicologia che si occupa di valutazione, diagnosi e riabilitazione per l’età evolutiva e per adulti.

Abbiamo ottenuto l’accreditamento regionale e aperto tre sedi (a Foligno, Spoleto e Cerreto di Spoleto) arrivando ad avere una equipe di oltre 16 colleghi. Qualche anno fa, però, abbiamo fatto una scelta controcorrente, che dal punto di vista imprenditoriale potrebbe sembrare un passo indietro: abbiamo deciso di concentrare tutto in un’unica sede a Foligno, ridimensionando il lavoro. I numeri erano diventati così grandi da rendere impossibile per noi responsabili essere un riferimento autentico e valido sia per l’équipe che per le famiglie.

Quali sono i servizi o le attività che ti rappresentano di più?

Oltre ai disturbi di linguaggio e di apprendimento a cui mi sono dedicata da sempre, negli ultimi due anni mi sono specializzata in Plusdotazione (sono al secondo Master), il centro Dialogo è diventato la prima struttura in Umbria con una equipe formata nella valutazione e presa in carico delle persone con alto potenziale e plusdotazione e nella formazione ai docenti e stiamo costituendo un’associazione composta da diverse figure professionali (psicologi, docenti, pedagogisti, tutor dell’apprendimento) per promuovere iniziative educative, formazioni e momenti di confronto e scambio. In Italia purtroppo non solo si conosce poco la Plusdotazione, ma ci sono moltissime false credenze rispetto ad essa: in troppi pensano ancora che si tratti semplicemente di persone con un quoziente intellettivo più alto. Finchè continueranno ad esserci questi falsi miti e ignoranza sulle caratteristiche della plusdotazione, bambini e ragazzi non saranno “visti” nei loro bisogni.

Mi sto specializzando anche in balbuzie e disturbi della fluenza: da tre anni mi formo in questo ambito in Italia, a maggio ho vinto una borsa di studio riservata a 20 logopedisti in tutto il mondo e ho frequentato un workshop di una settimana a Boston e il prossimo anno frequenterò la scuola di specializzazione europea in balbuzie.

Infine sto per conseguire la laurea magistrale in psicologia. Sono ambiti che mi appassionano veramente molto e che hanno rappresentato una bellissima sorpresa: rimettersi in gioco in questo modo alle soglie dei 50 anni è davvero entusiasmante e motivante.

Se guardi al futuro del Centro, come ti piacerebbe che crescesse?

Preferisco, come abbiamo sempre fatto, guardare al presente, a chi siamo, a quello che possiamo dare, a quelle che sono le necessità che intercettiamo: è partendo da queste ultime che abbiamo sempre sviluppato il nostro lavoro.

Ti va di raccontarmi un momento che ti ha particolarmente toccata lavorando con un bambino o con una famiglia?

Sono davvero troppi e talmente profondi che non riesco a sceglierne uno per “importanza” . E allora ti racconto l’ultimo: abbiamo accompagnato per un breve tratto un ragazzo in difficoltà, che voleva abbandonare la scuola e smettere di studiare: la mamma mi ha scritto un messaggio dicendo che ha ritrovato il desiderio e la motivazione per rimettersi in gioco, ha superato la maturità con ottimi voti, ha deciso di proseguire gli studi iscrivendosi all’Università e ha aggiunto che incontrarci ha cambiato le loro vite.

Quando ricevo questi messaggi mi emoziono molto, e nello stesso tempo mi spaventa sempre un po’ la consapevolezza di quanto possiamo fare la differenza. È bellissimo, ma è una grande responsabilità e so che non sempre posso o possiamo esserne all’altezza. Alla fine di tutto c’è comunque sempre un grande sentimento di gratitudine.

STORIE IN FATTORIA

Cosa unisce il Centro Dialogo e “Storie in Fattoria”? C’è un filo invisibile che li lega?

Un bellissimo filo, neanche troppo invisibile! Mio marito Paolo ha una azienda agricola con tantissimi animali: ogni sera quando tornava a casa raccontava ai nostri bambini le storie e le vicissitudini dei nostri animali: da Betta, la capretta che era la migliore amica di Lallo cavallo e lo seguiva sempre, al maialino Nino che aveva mal di pancia ed era venuta la veterinaria, al coniglietto Banni che non voleva mangiare, all’asina Mafalda che ogni volta che lo vedeva arrivare da lontano col trattore gli correva incontro, ecc.

Nostro figlio, quando aveva 8 anni, ha iniziato a scrivere e illustrare le storie vere che sentiva raccontare dal papà e io ho iniziato a portarle al lavoro e a leggerle ai bambini con difficoltà di linguaggio. Rimanevano incantati e i testi scritti da un bambino favorivano la ripetizione di parole e il racconto stesso.

Sono così stati pubblicati 19 libri diversi, sia in alfabetico che in CAA (con i simboli della comunicazione alternativa aumentativa) secondo il modello In-book e tre libri sono stati anche tradotti in inglese.

Come organizzi le giornate o i percorsi per le scuole e i gruppi?

Accogliamo in gita solo le scuole che hanno adottato i libri di “Storie in Fattoria” per il progetto lettura: durante l’anno i bambini leggono le nostre storie, le insegnanti organizzano attività che portano avanti su vari aspetti, poi c’è l’incontro con l’autore a scuola e al termine di tutto questo percorso i bambini vengono in fattoria e conoscono dal vivo i protagonisti delle storie che li hanno accompagnati: è bellissimo vedere la loro emozione!

Ti ricordi il commento più bello che ti ha fatto un genitore o un bambino?

Spesso mi dicono che il loro bambino ha imparato a parlare o a leggere con i nostri libri, perché sono testi bilanciati a livello morfosintattico (ogni libro è caratterizzato da una particolare struttura frasale) e favoriscono lo sviluppo linguistico; inoltre sono scritti in stampato maiuscolo e quindi ideali per imparare a leggere. Non è solo emozionante ricevere questi feedback: è un po’ come se entrassero tutti a far parte della nostra famiglia, perché in questi libri ci siamo noi, c’è la nostra storia.

Cosa ti emoziona di più quando ti guardi intorno e vedi quello che hai creato?

Guardando al percorso del centro Dialogo mi emoziona vedere la crescita, i cambiamenti e persino gli errori, che si sono rivelati occasioni preziose di miglioramento. Nulla di tutto questo, però, è frutto solo delle mie mani: al mio fianco ci sono state fin dall’inizio quelle che sono poi diventate le mie socie. Sono certa che il centro non sarebbe quello che è oggi senza il loro contributo e senza quello di tutti i colleghi che, nel tempo, hanno lavorato e continuano a lavorare con noi. Ognuno, a suo modo, ha portato e porta un tassello importante per comprendere, crescere, migliorare, indirizzare ed evolvere, così da rispondere con professionalità, empatia e vicinanza ai bisogni di chi si rivolge a noi.

Che valore cerchi di portare alle persone che si affidano a te?

Cerco di prendermi cura – e di prendere a cuore – ogni bambino, ogni persona e la sua famiglia. Mi impegno a comprendere bisogni, timori e difficoltà, e a rispondere con attenzione, continuando a formarmi e aggiornarmi per offrire sempre il miglior supporto possibile. Non sempre ci si riesce, ovviamente, per diversi motivi: ma è qualcosa verso cui tendo sempre. Hai pubblicato altri libri oltre a quelli di “Storie in fattoria”? In collaborazione con mio marito, una psicoterapeuta con cui lavoro da anni e un caro amico sacerdote, ho scritto “Il cammino di Verchiano: quattro passi fuori dalla palude” , che propone un percorso in 4 tappe tra le montagne di Verchiano (Foligno, PG), arricchito da spunti di riflessione e condivisione tra genitore-figlio, tra coppie di fidanzati o sposi o nella versione in cammino personale con Dio.

Come tutti i miei progetti, nasce dall’amore e dal desiderio di offrire uno strumento per riscoprire la bellezza dei luoghi in cui viviamo e, soprattutto, per nutrire, curare e coltivare le relazioni.

“Che succede Mammina?” è un altro libro che ho pubblicato. E’ nato anche questo da un’esperienza personale: io ho avuto un tumore a 33 anni, quando io e mio marito Paolo eravamo sposati da soli 3 anni e i nostri figli Benedetta e Marco avevano 2 anni una e 9 mesi l’altro. Le sfide che abbiamo incontrato nell’affrontare la malattia e condividere quello che stavamo vivendo con i nostri bambini, le strategie che abbiamo sperimentato, le difficoltà riscontrate, le parole che a volte non riuscivamo a trovare, sono diventate un libro illustrato per bambini, per aiutare le famiglie con bambini piccoli che si trovano a gestire la malattia di un genitore o di un familiare.

TE COME PERSONA

Chi o cosa ti ha ispirata di più nel tuo percorso?

Più che nel mio percorso in tutta la mia vita, nel mio cammino, l’ispirazione più grande viene dal Signore. È Lui che custodisce e guida i miei passi da sempre. Sperimento che davvero donarsi e spendersi per gli altri, anche nella fatica, non svuota, ma riempie, non toglie ma aggiunge. Non sempre ci riesco, ma è qualcosa a cui tendere ogni volta. Ed è questa tensione, più che il risultato, che mi orienta, che orienta i miei passi personali e professionali.

Come riesci a gestire due progetti così belli e impegnativi senza perdere energia?

Veramente ne gestisco molti più di due.... è la mia caratteristica, la mia modalità, e a volte anche il mio limite: ho sempre mille progetti in mente! Cosa ti aiuta a ritrovare la forza nei momenti più difficili? Io vivo sempre tutto tanto, troppo intensamente! In questi momenti (e in tutti gli altri momenti della nostra vita) mio marito Paolo è fondamentale: lui è una presenza salda e costante. Siamo sposati da 19 anni e assolutamente posso dire con certezza che ci amiamo molto più oggi di quando ci siamo sposati. Amarlo mi rende una persona migliore.

Abbiamo passato anni bellissimi, ma anche tante difficoltà, soprattutto nella malattia.

Ci sono stati momenti di grande incertezza e paura, momenti di difficoltà, anche professionali per entrambi. Ma abbiamo sempre sperimentato una provvidenza, un sostegno, un aiuto che ci hanno fatto superare anche i periodi più duri e guardando indietro scopriamo sempre che quella difficoltà superata ha poi portato a qualcosa di diverso, di nuovo, ha donato qualcosa, ha arricchito. Ecco, nelle difficoltà la forza viene da Lui, dalla certezza che il Signore non abbandona e che ha sempre e comunque un disegno di bene su di noi, e dal fare memoria di come in passato anche i momenti più difficili e dolorosi sono stati occasione di future fioriture.

Se potessi realizzare un sogno per il futuro dei tuoi progetti, quale sarebbe?

Vorrei trovare i fondi per aprire, insieme alle colleghe dell’Associazione che stiamo costituendo, una struttura dove i bambini e i ragazzi “gifted” possano incontrarsi e trovare proposte educative, ricreative, di supporto, che rispondano ai loro bisogni cognitivi, emotivi e sociali. Che messaggio ti piacerebbe lasciare a chi leggerà questa intervista? Vorrei che da queste parole arrivasse un messaggio di fiducia e di speranza. L’augurio che ognuno possa custodire e rinnovare ogni giorno la passione per ciò che fa. Coltivare la passione significa non smettere mai di imparare, di mettersi in gioco, di ripartire, di vedere oltre e di lasciarsi sorprendere dal cambiamento.


Auguro ogni bene a Laura Schiaroli e a tutti i suoi progetti, con gratitudine per il suo grande impegno e l’immensa passione che dedica ai più piccoli – e non solo.

Grazie di cuore!


Caroline Aspas

Firenze, 26 settembre 2025

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